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La donazione da donatore vivente

Passato e presente nel trapianto renale

di Teresa Dipalma*

Sono passati diversi anni dal lontano 23 dicembre 1954, quando il chirurgo Joseph E. Murray eseguì a Boston il primo trapianto di rene tra i gemelli Ronald e Richard Herick, rispettivamente il donatore e il ricevente, con esito positivo (fig. 1). Prima di questo trapianto erano stati eseguiti altri tentativi purtroppo non coronati da successo a causa dell’incompatibilità immunologica e della mancata disponibilità di farmaci immunosoppressivi. Nel caso dei gemelli di Boston, la circostanza che donatore e ricevente fossero gemelli omozigoti aveva fortunatamente evitato il problema immunologico.

Figura 1. I chirurghi Joseph E. Murray e John Hartwell Harrison, in collaborazione con il nefrologo John P. Merrill, eseguono il primo trapianto di rene da donatore vivente tra gemelli monozigoti presso il Peter Bent Brigham Hospital di Boston.

Nei decenni successivi, grazie alla scoperta di farmaci immunosoppressori sempre più potenti, la compatibilità tra donatore e ricevente ha avuto un ruolo più marginale consentendo di fatto trapianti renali con ottimi risultati, anche tra soggetti con bassa compatibilità immunologica o aventi un gruppo sanguigno incompatibile.

Per questo motivo, accanto ai familiari imparentati di primo grado, sono aumentati i donatori di rene con parentela più lontana o non imparentati biologicamente come nel caso di coniugi, consentendo di incrementare il numero di pazienti trapiantati di rene.

Figura 2. I gemelli Ronald e Richard Herick, primi trapiantati di rene con successo. Dietro di loro l’equipe chirurgica del dottor Murray (Boston 1954).

La donazione da donatore vivente viene considerata a livello internazionale come un’eccellente opzione terapeutica per il trattamento dell’insufficienza renale cronica terminale. I vantaggi di questo tipo di trapianto, rispetto alla donazione da donatore cadavere, sono dati dalla possibilità di ridurre o evitare il tempo di dialisi al paziente, l’opportunità di trapiantare dei pazienti problematici che devono eseguire ad esempio dei trattamenti prima dell’intervento chirurgico, l’evidenza di eccellenti risultati sulla funzione dell’organo trapiantato a breve e a lungo termine, lo scarso rischio per il donatore e la possibilità di aumentare il numero di reni disponibili per il trapianto.

Un ruolo fondamentale nell’aumento del numero dei donatori, che si dichiarano disponibili per la donazione di rene, è svolto sicuramente dalle informazioni sul trapianto renale, che le ultime linee guida suggeriscono di fornire al paziente con insufficienza renale, prima che questo arrivi al trattamento dialitico.

Numerosi studi internazionali evidenziano, inoltre, come la modalità con cui vengono fornite le informazioni, non solo al paziente ma anche ai suoi familiari, incide sull’incremento del numero dei trapianti da viventi.

Nelle statistiche pubblicate dal Centro Nazionale Trapianti si evidenzia come nell’ultimo decennio il numero di trapianti da donatore vivente sia aumentato (Fig. 3). Nonostante il numero di pazienti trapiantati sia aumentato, purtroppo i pazienti in lista di attesa di trapianto restano sempre molto numerosi rispetto alla disponibilità effettiva di organi, per cui il trapianto da donatore vivente resta un’ottima possibilità di accedere al trapianto di rene in tempi più brevi.

Figura 3. Trapianto di rene da donatore vivente (Centro Nazionale Trapianti, 2018).

Negli ultimi anni è stata aperta, inoltre, la possibilità di iscrizione nelle liste di attesa di trapianto anche ai pazienti con insufficienza renale cronica che non hanno ancora iniziato il trattamento dialitico, per cui, rispetto al passato, l’informazione sulla possibilità di trapianto renale viene fornita al paziente più precocemente, nel momento in cui questo viene informato sulle possibili tecniche dialitiche.

La precocità dell’informazione sul trapianto è importante, considerato che tutti gli studi eseguiti sui pazienti trapiantati sono concordi nell’evidenziare come le complicanze, a breve e a lungo termine sul paziente e sul trapianto, risultano essere minori nei casi in cui il paziente ha eseguito un minor tempo di dialisi.

Nell’Ambulatorio del trapianto di rene presso l’Ospedale Santa Chiara di Trento è progressivamente aumentato il numero dei pazienti che hanno iniziato lo studio di valutazione dell’idoneità al trapianto entro il primo anno di trattamento dialitico. Parallelamente è aumentato il numero di pazienti con insufficienza renale cronica stadio V, non ancora in dialisi, che hanno iniziato lo studio di valutazione per il trapianto, con l’obbiettivo di effettuarlo, se possibile, prima di iniziare il trattamento dialitico (detto trapianto pre-emptive).

Nei grafici sono indicati il numero di accessi al nostro Ambulatorio del trapianto di rene dal gennaio 2008 ai primi 6 mesi del 2019: anche nel nostro caso si evidenzia come nel tempo sia nettamente aumentato il numero di prime visite di valutazione per l’idoneità al trapianto (Fig. 4), il numero di pazienti il cui colloquio informativo è avvenuto prima dell’inizio del trattamento dialitico (Fig. 5) e il numero dei donatori che si sono proposti come potenziali donatori di rene (Fig. 6).

Figura 4. Numero di prime visite presso l’Ambulatorio del trapianto di rene presso l’Ospedale Santa Chiara da gennaio 2008 a giugno 2019.
Figura 5. Numero di prime visite di pazienti pre-emptive presso l’Ambulatorio del trapianto di rene presso l’Ospedale Santa Chiara da gennaio 2008 a giugno 2019.
Figura 6. Numero di donatori valutati presso l’Ambulatorio del trapianto di rene presso l’Ospedale Santa Chiara da gennaio 2008 a giugno 2019.

* Dott.ssa Teresa Dipalma
Ambulatorio del trapianto di rene
Nefrologia e Dialisi, Ospedale S. Chiara – Trento

[Articolo contenuto in Rene&Salute Anno XXXIV – Novembre 2019 – n. 3/4, pp. 10-12]