Uno stile di vita sano per dei reni in buona salute
di Cristina Comotti
Il 9 marzo 2017 si è celebrata in Italia la dodicesima edizione della Giornata Mondiale del Rene, il tema scelto è stato “Malattia Renale ed Obesità”. L’obiettivo era quello di promuovere una campagna di sensibilizzazione sulle conseguenze dell’obesità nello sviluppo della malattia renale cronica, sostenere uno stile di vita sano e favorire una politica sanitaria volta alla prevenzione.
Già nell’antichità i medici avevano posto la loro attenzione all’habitus dei pazienti, al regime dietetico ed alle abitudini di vita come fonte di salute o malattia. Ci insegna Ippocrate (460-377 a.C.): “Coloro che sono, per costituzione, grassi muoiono prima di coloro che sono magri”.
La ricchezza di risorse del mondo occidentale, se ha permesso l’allungamento dell’aspettativa di vita attraverso la disponibilità di cibo illimitata, la riduzione del lavoro fisico, il contenimento delle malattie infettive grazie al miglioramento delle condizioni igieniche, ha altresì favorito lo sviluppo di patologie nuove, una fra tutte l’obesità. In Europa il 16% della popolazione adulta soffre di obesità, la percentuale più bassa si riscontra in Romania (9.4%) ed in Italia (10.7%). Impressionante è però constatare che anche nel nostro Paese l’incidenza dell’obesità nei bambini in età scolare è in costante aumento (20%) e che i soggetti in sovrappeso rappresentano circa il 40% della popolazione.
L’obesità è definita come accumulo eccessivo di grasso corporeo totale e viene abitualmente classificata in base all’indice di massa corporea (IMC) o, dall’inglese, al body mass index (BMI). Si parla di obesità quando il BMI (che si ottiene dividendo il peso corporeo, in chilogrammi per l’altezza, in metri, elevata al quadrato) supera il valore di 30. Il BMI deve oscillare tra 20-25 per l’uomo e 19-24 per la donna perché il peso corporeo rimanga entro i limiti di norma (Organizzazione Mondiale della Sanità, 1998). Sebbene la gran parte delle conoscenze circa gli effetti negativi dell’eccesso di grasso sulla salute siano basate sul BMI sta ora progressivamente emergendo la convinzione che il BMI sia un imperfetto metodo di stima del grasso corporeo perché non considera lo stato muscolare e quindi i soggetti con elevata massa muscolare potrebbero apparire erroneamente in sovrappeso o addirittura obesi. L’accumulo di grasso tra i visceri addominali – obesità di tipo viscerale o centrale – è cruciale dal punto di vista biologico per spiegare l’effetto negativo dell’obesità sulla salute. La circonferenza della vita ed il rapporto girovita/fianchi, espressione del grasso viscerale, sembrano essere indicatori più accurati rispetto al BMI. Con riferimento alla circonferenza addominale per gli europei sono stati proposti livelli più severi che per la popolazione americana. Sono considerati obesi gli uomini e le donne con girovita uguale o superiore a 94 e 80 cm, 102 e 88 cm rispettivamente (International Diabete Federation, 2005-National Education Program-2001). L’obesità addominale è un trigger di danno renale e costituisce un importante fattore di rischio cardiovascolare sia nei pazienti con malattia renale cronica (MRC) in terapia conservativa sia in quelli in trattamento sostitutivo, ossia in dialisi. L’obesità è per lo più favorita da eccessi alimentari o da un’alimentazione errata con apporto eccessivo di grassi a scapito di zuccheri e fibre, sedentarietà, più raramente dall’uso cronico di farmaci (corticosteroidi, antidepressivi, antiepilettici…), solo una minoranza di casi ha origine genetica o si correla ad alterazioni ormonali e metaboliche. Interessante è ciò che si legge sul sito dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) che nel 2003 ha pubblicato le linee guida per una sana alimentazione italiana: “per quanto riguarda l’alimentazione avevamo meno cibo, ci si muoveva di più. La macchina era un lusso che pochi potevano permettersi. Il modo di mangiare degli italiani era sano: il pane, la pasta, gli ortaggi, la frutta fresca… e allora questo diventa simbolo di star bene. Forse noi abbiamo perso questo star bene perché siamo lusingati da altri modelli alimentari”. Traduciamo: l’introito calorico è superiore al dispendio energetico che generalmente è ridotto!!
Carla Decarli – “Ombre di novembre 2”, tecnica mista su tela, 150 x 218 cm, 2015 |
L’eccesso di calorie viene immagazzinato nell’organismo come grasso. I depositi adiposi si localizzano non solo a livello sottocutaneo e nell’addome ma anche nel fegato e tra e dentro i muscoli. L’accumulo di cellule grasse (adipociti) a livello viscerale, attraverso meccanismi non ancora del tutto conosciuti (ormonali metabolici, infiammatori), comporta la comparsa di insulino-resistenza (IR) sia per quanto riguarda la captazione di glucosio muscolare che degli altri organi sensibili all’insulina che per la ridotta produzione di glucosio da parte del fegato.
Ciò comporta una riduzione dell’azione dell’insulina sul controllo della glicemia post pranzo e durante il digiuno notturno la non ottimale soppressione della produzione di glucosio (zucchero) da parte del fegato…
La IR provoca anche la creazione di una “tipica” dislipidemia aterogena perché l’adipocita del soggetto con obesità rilascia nel sangue una maggior quantità di acidi grassi che riforniscono al fegato un eccesso di substrati energetici; ciò comporta: aumento dei livelli di trigliceridi-VLDL, riduzione dei livelli di colesterolo “buono” (HDL), presenza di lipoproteine LDL più piccole e dense che trasportano il colesterolo nella sua forma più aterogena. La IR determina inoltre un aumento della pressione arteriosa attraverso un aumento del riassorbimento di sodio (sale) e acqua a livello renale, l’attivazione del sistema nervoso simpatico e del sistema renino-angiotensina controllato dal rene, un danno endoteliale per ridotta disponibilità di monossido d’azoto, con perdita della sua funzione vasodilatatoria, effetto favorente l’aterosclerosi e la trombosi vascolare. Più recentemente l’attenzione si è concentrata sul tessuto adiposo viscerale e sulla sua capacità di produrre sostanze che favoriscono l’infiammazione ed importanti nella modulazione del segnale insulinico, indicate globalmente come “adipochine” (in particolare TNF alfa, IL6, leptina, adiponectina).
Oggi è risaputo che l’obesità comporta una riduzione dell’aspettativa di vita di circa 10 anni; predispone all’insorgenza di ipertensione arteriosa, diabete mellito, malattie cardiovascolari (angina pectoris, infarto miocardico, ictus cerebrale), aterosclerosi precoce, osteoartrosi, cancro del colon, patologie respiratorie (crisi delle apnee notturne), alterazioni ormonali (ad esempio modificazione del ciclo mestruale), calcolosi della colecisti, ecc. Solo molto più recentemente l’obesità è stata riconosciuta un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo della malattia renale cronica e la progressione della insufficienza renale fino allo stadio terminale. I meccanismi alla base di questa associazione comportano effetti sistemici quali ipertensione arteriosa, iperglicemia, dislipidemia, noti fattori tradizionali di rischio per le nefropatie (malattie renali), ma anche effetti intra-renali quali l’alterazione dell’ossidazione degli acidi grassi ed accumulo di lipidi, elementi che possono ulteriormente contribuire alla patogenesi della malattia renale cronica.
Gli obesi hanno un rischio sette volte superiore di sviluppare insufficienza renale rispetto ai soggetti normopeso; essere moderatamente in sovrappeso raddoppia il rischio di avere una funzione renale alterata. I meccanismi patogenetici alla base di questa associazione sono ancora poco definiti. Tra i principali fattori coinvolti, oltre all’ipertensione, al diabete, alla dislipidemia, spesso associati all’obesità, sono da considerarsi l’iperfiltrazione glomerulare, l’infiammazione, l’insulinoresistenza e l’iperattività simpatica.
Alessandro Goio – “Eco delle distanze”, acrilico su tela, 50×50 cm, 2015 |
Ma come si cura l’obesità? L’approccio terapeutico più importante si basa sulla modificazione positiva dello stile di vita, inteso come alimentazione quantitativamente e qualitativamente corretta e costante attività motoria. Ad oggi non ci sono ancora provate evidenze che i trattamenti farmacologici in commercio siano di reale aiuto nel raggiungimento di un decremento ponderale stabile nel tempo. La chirurgia bariatrica invece, utilizzata con progressiva frequenza soprattutto negli Stati Uniti per il trattamento delle grandi obesità, si è rilevata efficace e sostanzialmente priva di rischi. L’intervento nutrizionale deve essere basato non solo su un ovvio regime ipocalorico ma anche sulla riduzione dei grassi saturi (provenienti dal mondo animale come formaggi e carni grasse), sodio (sale) e zuccheri semplici. È consigliata una riduzione di circa il 7-10% del peso corporeo (PC) da ottenersi entro 1 anno e possibilmente poi una ulteriore riduzione dello stesso sino al raggiungimento di un BMI inferiore a 25. Ricordiamo che anche piccole riduzioni del PC sono di beneficio per la salute. Bisogna incoraggiare l’assunzione di frutta, verdura e pesce. La quota di grassi nella dieta dovrebbe fornire il 25-35% delle calorie e i carboidrati il 40-50%.
Indispensabile è poi l’esercizio fisico, possibilmente giornaliero e della durata di circa 1 ora continuo o intermittente.
E la prevenzione come si attua? Dopo quanto detto sulla cura dell’obesità la risposta è in parte intuitiva! A questo proposito, ricordiamo alcuni capitoli delle linee guida per una sana alimentazione italiana pubblicate nel 2003 dall’Istituto di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN):
Linee guida per una sana alimentazione italiana
Controlla il peso corporeo e mantieniti sempre attivo
Più cereali, legumi, frutta e verdura
grassi: scegli la qualità e limita la quantità
zucchero, dolci e bevande zuccherate: nei giusti limiti
bevi ogni giorno acqua in abbondanza
il sale: meglio poco
bevande alcoliche: se sì, solo in quantità controllata
varia spesso le tue scelte a tavola
Se adottate, queste linee guida sono in grado di ridurre i fattori di rischio (anche) renale. Eccole quindi di seguito, con un breve commento:
Controlla il peso corporeo e mantieniti sempre attivo
Importante è il mantenimento di un normale peso corporeo: BMI tra 18 e 25, circonferenza addominale per gli uomini inferiore a 94 cm e per le donne inferiore a 80 cm. Eseguire 4-5 volte alla settimana e per 20-30 minuti attività aerobica che non include necessariamente il ricorso alla palestra, bastano anche semplici passeggiate se eseguite di buon passo.
Più cereali, legumi, frutta e verdura
Sono alimenti importanti perché apportano carboidrati (soprattutto amido e fibra), ma anche vitamine (vitamina C, A, folati, etc.), sali minerali (calcio, potassio) e sostanze antiossidanti (selenio, zinco, vitamina C, carotenoidi, composti fenolici, tocoferoli, etc.). Inoltre i cereali e soprattutto i legumi sono una buone fonte di proteine, favoriscono il senso di sazietà, riducono l’assorbimento di colesterolo e grassi, agevolano il transito intestinale e aiutano a prevenire i tumori. La frutta e la verdura, 2-3 porzioni di ognuna al giorno, forniscono poche calorie e allo stesso tempo sono concentrati di vitamine, sali minerali ed antiossidanti; la fibra in essi contenuta ha, come abbiamo già visto, molteplici effetti positivi sulla nostra salute: favorisce il senso di sazietà, combatte la stitichezza, aiuta a prevenire i tumori intestinali e riduce l’assorbimento di colesterolo e zuccheri.
Il 55-60 per cento delle calorie giornaliere è bene sia fornito dai carboidrati, dei quali la maggior parte deve essere di tipo complesso, che sono rappresentati dai cereali come, ad esempio il grano, il riso, l’orzo, il mais ed il farro. I legumi ceci, lenticchie, fagioli, piselli, soia, fave, arachidi, lupini sono raccomandati due volte alla settimana. Tali alimenti sono ricchi di proteine, fibra, vitamine, ferro ed antiossidanti.
Grassi: scegli la qualità e limita la quantità
I grassi sono indispensabili al nostro organismo perché hanno funzioni strutturali (membrane cellulari) ed energetiche di riserva. Inoltre veicolano alcune vitamine essenziali A D E K ed alcuni ormoni come gli estrogeni. I lipidi (grassi) possono provenire dal regno animale (latte, formaggio, uovo, carne, pesce) o vegetale (olio di oliva, di semi di arachidi, nocciole, girasole, soia). Non dovrebbero superare il 25-30 per cento dell’apporto calorico giornaliero e così suddivisi: acidi grassi saturi 7-10 per cento delle calorie totali, acidi grassi monoinsaturi 20 per cento, polinsaturi 7 per cento. Tutti i grassi forniscono la stessa quantità di energia ma qualitativamente sono molto diversi gli uni dagli altri perché varia la loro composizione chimica ed in particolare quella in acidi grassi. I grassi dei cibi ad elevato tenore di acidi grassi saturi tendono ad innalzare la colesterolemia. Questi si trovano soprattutto nei formaggi, latte intero, panna, carni grasse e certi olii come quelli di cocco e palma. I grassi dei cibi ad elevato tenore di acidi grassi insaturi invece non modificano la colesterolemia e sono contenuti negli olii vegetali (semi ed oliva), nelle noci, nocciole, olive e pesce. I grassi insaturi possono, a loro volta, essere sia mono che poli-insaturi. Tipico esempio del primo gruppo è l’olio di oliva che ha capacità di ridurre il colesterolo LDL (colesterolo cattivo) ed aumentare quello HDL (colesterolo buono).
I grassi del pesce sono ricchi in acidi grassi polinsaturi del tipo omega 3 e riducono i trigliceridi ematici e l’aggregazione piastrinica, ossia riducono il rischio di trombosi.
Occorre limitare i cibi ricchi di colesterolo e quelli che abbondano di grassi saturi.
Patrizia Gandini – “Pensieri e interferenze”, tecnica mista su cartone, 102 x 143 cm, 2014 |
Zucchero, dolci e bevande zuccherate: nei giusti limiti
Nell’alimentazione giornaliera le fonti più importanti di zuccheri sono rappresentate dagli alimenti e dalle bevande dolci. Lo zucchero comune (saccarosio, zucchero da cucina) si ricava dalla barbabietola e dalla canna da zucchero. Si ritrova nella frutta matura e nel miele assieme al fruttosio e al glucosio; il latte contiene invece lattosio. Gli zuccheri sono facilmente assorbiti e rapidamente utilizzati dal nostro organismo come “fonte di energia immediata”. Devono essere usati con moderazione anche quando non sono controindicati (in assenza di diabete).
Bevi ogni giorno acqua in abbondanza
Il nostro organismo è formato principalmente da acqua, che è un costituente essenziale per la vita, indispensabile per lo svolgimento dei processi fisiologici e le reazioni biochimiche che avvengono nel nostro corpo. Agisce inoltre da solvente per la maggior parte dei nutrienti (vitamine idrosolubili, minerali, aminoacidi, glucosio, etc.), attraverso l’urina elimina le scorie metaboliche, regola la temperatura corporea. Mantiene idratata la pelle e le mucose, lubrifica le articolazioni, dona la giusta consistenza alle feci e molto altro. Nell’organismo l’acqua viene continuamente consumata e continuamente deve essere rimpiazzata. Il centro della sete regola la quantità di acqua da ingerire e i reni, attraverso l’urina, la quantità da eliminare. Nel soggetto sano i meccanismi di concentrazione e diluizione dell’urina contribuiscono all’omeostasi dell’acqua corporea totale. Nella insufficienza renale cronica (IRC) tali meccanismi si perdono, tuttavia il bilancio idrico dell’organismo può essere mantenuto entro limiti normali se l’apporto di acqua è proporzionale alle perdite (bilancio tra entrate ed uscite dei liquidi.
Il sale: meglio poco
Ogni grammo di sale (cloruro di sodio) contiene 0,4 grammi di sodio. Nel soggetto normale l’escrezione urinaria di sodio è di 0,1-0,6 grammi al giorno. Questa quota persa, salvo condizioni particolari, può essere reintegrata con la sola alimentazione perché il sodio contenuto nei cibi è sufficiente a coprire le necessità dell’organismo. L’adulto italiano ingerisce in media 10 grammi di sale al giorno (4 grammi di sodio), valore ben lontano, quasi 10 volte superiore, da quello fisiologicamente necessario! Un consumo eccessivo di sodio favorisce lo sviluppo di ipertensione arteriosa, il rischio di malattia renale e la progressione più rapida della stessa, il rischio cardiovascolare, lo sviluppo di tumori dello stomaco e l’osteoporosi (per aumentata perdita urinaria di calcio). La quantità di sale consigliata è circa 5 grammi al giorno (2,4 grammi di sodio). Alcuni condimenti (dado da brodo, ketchup, senape, salsa di soia, etc.) sono ricchi di sodio come gli insaccati, i formaggi e le patatine fritte per citarne solo alcuni! Ridurre la dose giornaliera di sale non è difficile perché la placabilità degli alimenti è rapida. Le spezie, le erbe aromatiche, il succo del limone e l’aceto ci possono ulteriormente aiutare.
Bevande alcoliche: se sì, solo in quantità controllata
Il costituente fondamentale delle bevande alcoliche è l’etanolo, sostanza non essenziale e spesso tossica, qualora non venga assunta con moderazione e durante i pasti. Pur non essendo un nutriente l’etanolo apporta una cospicua quantità di calorie e pertanto il suo uso, anche sotto forma di bevande a basso tenore alcolico (vino e birra), deve essere evitato nei soggetti in sovrappeso od obesi. Una modica e regolare quantità di vino o birra può invece essere concessa ai soggetti sani che lo desiderino (2-3 bicchieri al giorno per l’uomo, 1-2 per la donna) anche per il riconosciuto ruolo antiossidante di queste sostanze, assente nei superalcolici.
Varia spesso le tue scelte a tavola
La dieta deve assicurare al nostro organismo, oltre alle proteine, ai grassi e ai carboidrati, alcuni nutrienti essenziali quali l’acqua, particolari aminoacidi, alcuni grassi polinsaturi, vitamine e minerali, che debbono essere introdotti coll’alimentazione in quanto il nostro corpo non è in grado di produrli, da qui la definizione di essenziale. Dato che non esiste l’alimento perfetto, è indispensabile variare le scelte dei diversi alimenti. Per realizzare una dieta sana è indispensabile che ogni gruppo alimentare sia presente giornalmente sulle nostre tavole.
Come si può notare da quanto sopra riportato, le regole per una vita sana sono semplici e di facile attuazione: movimento regolare, acqua in abbondanza, poco sale, variare spesso quello che mangiamo. Molti sono gli alimenti contemplati anche nella dieta mediterranea. Tra l’altro, a proposito di alimentazione, se leggiamo l’articolo scritto dalla dottoressa Zarantonello e contenuto in Rene&Salute 3/4 del novembre 2017 a pp. 15-20, possiamo notare che si tratta dello stesso tipo di alimentazione che ci protegge anche nei confronti del cancro. Questo dovrebbe convincerci ancora di più che è la strada giusta da percorrere.
[Rene&Salute – Anno XXXII – Aprile 2017 – N.1/2, pp. 3-5; Rene&Salute – Anno XXXII – Novembre 2017 – N.3/4, pp. 4-6]