A fronte di un diffuso e rilevante problema per la salute pubblica come quello delle malattie renali, a livello provinciale emerge un sintomo evidente: una significativa sensibilità alla donazione.
A dimostrarlo, un dato incoraggiante che vede Trento essere l’unica provincia italiana in cui i pazienti che beneficiano di trapianto sono in numero maggiore rispetto a quelli che per guarire si sottopongono a terapia dialitica. Secondo i dati di fine 2017 sono infatti 332 i pazienti trapiantati, mentre 239 i pazienti dializzati – di cui 198 in dialisi extracorporea nei centri localizzati in tutti gli ospedali del Trentino e 41 in dialisi peritoneale, metodica effettuata dai pazienti stessi presso il loro domicilio.
«Risultati resi possibili soprattutto grazie all’altissimo numero di donazioni di rene effettuate negli ultimi anni all’ospedale Santa Chiara di Trento, ben 136 tra il 2007 e il 2017, nonché all’intensa attività di trapianto effettuata tra Verona e Innsbruck», sottolinea il direttore dell’Unità operativa di nefrologia e dialisi Giuliano Brunori. «Si tratta di una rete consolidata – spiega il primario – che permette di migliorare la qualità di vita del paziente evitando il trattamento dialitico, pratica salvavita invalidante per il malato e costosa per il sistema sanitario».
I dati sono stati forniti in occasione della giornata internazionale del rene, che si è celebrata ieri e che ha visto in piazza Cesare Battisti il personale medico, i volontari dell’Associazione provinciale amici della nefrologia (Apan) e della Croce rossa italiana (Cri), fornire informazioni sulle patologie renali e sulla loro prevenzione, oltre che effettuare controlli gratuiti della pressione e delle urine.
L’iniziativa si è tinta di rosa in coincidenza con la giornata dedicata alle donne, sulle quali le malattie renali hanno un’incidenza di poco inferiore rispetto a quella maschile e possono in particolare essere causate da infezioni delle vie urinarie. Le donne e gli uomini trentini a rischio per patologie legate al rene sono circa 40 mila, fra l’8 e il 10%, stima in linea con il resto d’Italia. «Il problema è che molti non sanno di soffrirne perché si tratta di malattie silenti e quando si avvertono i disturbi spesso la funzionalità renale risulta già compromessa, di qui l’importanza della prevenzione per evitare la malattia e per curarla prima che si evolva in insufficienza renale con necessità di dialisi o trapianto», ha precisato la presidente APAN Serena Belli.
Riguardo al primato trentino, il dottor Brunori ha continuato specificando che «vi sono il 65% di pazienti dializzati e il 35% di trapiantati, vantando un valore capovolto rispetto al resto d’Italia». Tempi brevi e contenuto bacino di utenti nelle liste d’attesa per l’intervento sono altri valori positivi: «Attualmente i pazienti dializzati in attesa di trapianto sono 32 e le tempistiche d’attesa per l’operazione corrispondono in media a 11 mesi, meno rispetto a quelle italiane di circa tre anni». In tale quadro importanti sono le donazioni da vivente «che sono circa 3 o 4 all’anno e consentono di gestire meglio la procedura e al malato di non dover aspettare di trovare un donatore dell’organo compatibile». A testimonianza di questo l’esperienza della signora Daniela Kaiserman, presente ieri in piazza Cesare Battisti, che nel 2014 ha donato un rene al figlio trentenne malato: «Non scorderò mai il momento in cui ho scoperto di essere compatibile, la procedura per il donatore non è invasiva e non ti cambia la vita, ma di certo l’ha cambiata in meglio a mio figlio e a tutta la nostra famiglia».
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Articolo scritto da Nicole Vuillermin e pubblicato su l’Adige del 9 marzo 2018.